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Lui è il gatto, io la volpe, siamo in società.
Di noi ti puoi fidar
Essere azienda agricola in Toscana non è cosa semplice. Produrre vino, vino di qualità, è ancora più complicato. Non già perché non ci sia un terreno vocato o un clima ideale. È che occorre rispettare la tradizione, quella che porta ad usare il Sangiovese e poco altro. Quella che fa produrre vini che ne rappresentano l’anima e vogliono rappresentare solo quello. Quella tradizione che vuole che il vino si debba vendere anche sfuso e in grande quantità. Insomma, un mix di fattori che rendono la vita complicata, se non impossibile a chi vuole iniziare l’avventura enoica in queste zone. Senza tralasciare il doversi scontrare con i mostri sacri del vino italiano.
Alfredo Moretti fonda l’azienda La Greggia in quel di Tizzana, borgo tar Pistoia e Prato, insieme alla moglie Katlhleen. Siamo nel 2012 circa. Le vigne impiantate qualche tempo prima seguendo i consigli raccolti qua e là così da ritrovarsi con del Merlot, del Cabernet Sauvignon e ovviamente l’omni presente Sangiovese che in Toscana non può mai mancare. Insieme a Alicante Bouschet e Barsaglina: due vitigni non proprio comuni. O facili.
La produzione è giusta ma l’esperienza enologica forse non è al massimo così che, per dare una sferzata inizia la collaborazione, quasi fortuita, con Andrea Paglietti, enologo piemontese.
Quando sono arrivato io la tecnica enologica di cantina era un po’ arretrata e i vini non all’altezza. Insomma, non erano un granché. Alla cantina avrei dato un 3, ai vini 5/6 grazie ad un cantiniere appena arrivato
Insomma un po’ di esperienza importata dal Piemonte. Mica poco.
La qualità del vino è subito salita grazie ad una cantina pronta. Esposizioni belle. Belle vigne
Migliorare la qualità è e deve essere l’obiettivo da raggiungere. Detta così non sembra difficile. Ma in un mondo dove il vino è quello da tavola, dove la produzione deve essere alta e dove il Sangiovese comanda, è complicato. Se non complesso.
Un classico della zona. Hanno tutti premura di vendemmiare presto. A fine agosto si raccoglie il Merlot. A fine settembre il Cabernet. In mezzo il resto. Ora ho imposto che quando gli altri raccolgono il Sangiovese noi raccogliamo il Merlot
Andrea ha una lunga esperienza e le idee chiare. Ma si scontra con la tradizione che è dura da cambiare.
Non è stato facile far passare il discorso delle basse produzioni e che si vendemmia con calma
Eh ma ci vuole pure la parte commerciale. Così si ricostruisce la linea dei vini, si creano nuove etichette, si usa Barsaglina, Alicante e Sangiovese per il vino sfuso. Arriva Alberto, Funghi, per dare un po’ di freschezza commerciale.
Non capita tutti i giorni
Di avere due consulenti
Due impresari, che si fanno
In quattro per te
Alberto ed Andrea. A&A. Il gatto e la volpe. È così che me li immagino quando si alternano a raccontare della cantina, del vino, delle esperienze, del loro operato. Una bella coppia che si spalleggia a vicenda.
Andrea ha il piglio del piemontese. Schietto ma delicato. Pulito ma deciso. Ha portato la cultura piemontese in toscana cercando di ammorbidire l’acidità e i tannini toscani. Duri. Forti. Determinati.
Alberto è un toscano atipico. Non ha l’esuberanza tipica perché pacato ma il piglio commerciale è quello giusto. Saper bene dei propri prodotti, toccando le leve giuste, non è da tutti.
I risultati in bottiglia ci piacciono e piacciono alla ristorazione così come ai clienti
Insieme sono una bella coppia. Attiva e dinamica. Si passano la palla ridendo l’uno dell’altro. Si spalleggiano. Il gatto e la volpe insomma.
Quattro i vini prodotti (oltre al Vin Santo e all’olio): Moraie, Merlot in purezza; Vicomoro, Cabernet Sauvignon e Franc; Fontanaccio, Sangiovese in purezza.
Ah il quarto, l’Iracondo, blend di Cabernet Sauvignon, Franc e Merlot
Dedicato al socio che si scaldava un po’ tanto
Andrea ci tiene ad una sottolineatura
Il rapporto qualità prezzo è 8. Ciò che manca per arrivare al 10 è l’essere famosi. Alla cieca i nostri vini sono pari o meglio di marchi blasonati
Non vedi che è un vero affare
Non perdere l’occasione se noi poi te ne pentirai
Andrea è sempre più schietto ma pragmatico. Non dice cose che non ritiene vere e lo testo subito assaggiando i vini.
Assaggiamo dunque prima il Vicomoro (recensito anche sulla mia pagina Instagram @ivan_1969). Cabernet Sauvignon e Franc annata 2018. Bel colore rubino intenso con piccoli riflessi granata. Si vede che è ancora un pelino giovane nonostante gli oltre quattro anni. I sentori confermano la necessità di maggiore evoluzione. C’è prevalenza di vegetale e frutta ancora aspra. Le tostature e le spezie ci sono.
Con i legni siamo blandi per una alta percentuale di terzo, quarto e quinto passaggio
Arriva anche del caffè e del cacao. Un vino che è intrigante perché, avendo necessità di apertura, regala qualcosa in più ad ogni rotazione del calice. In bocca la freschezza c’è tutta e si evidenzia, se ancora ce ne fosse bisogno, la necessita di un ulteriore anno di affinamento. Il tannino maturo è ancora un po’ aggressivo così che senza un abbinamento diventa mordente. Non puoi berlo da solo!
Ciò che mi piace è la coerenza tra olfatto e gusto e il retro olfatto di frutta fresca.
Come mi diceva un rappresentante in toscana vino è franco: Colore, naso, bocca e retro olfattivo convergono
Persistenza buona. Equilibrato di quell’equilibrio appena arrivato. Sicuramente meno spigoloso di un Chianti. Lineare, completo. Bel biglietto da visita.
Ora il Moraia, Merlot in purezza, annata 2019. Scuro, compatto, attraentemente seduttivo grazie ad un rubino intenso con riflessi porpora. L’annata è stata calda e la frutta si sente matura, al limite della confettura. Prugna e ciliegia a profusione. La frutta sembra masticabile, croccante. I 12 mesi di barrique, sempre di diversi passaggi fanno emergere sentori terziari. In bocca la sensazione rispetto al Vicomoro è di maggior calore e persistenza minore. Un vino più facile, forse più piacione. Dotato di una morbidezza che migliorerà ulteriormente con il tempo. Freschezza ancora importante. Tannino che c’è ed è maturo. Equilibrio e coerenza con la parte olfattiva. Ha un finale che sembra andare verso l’amarognolo senza però mai raggiungerlo.
Entrambe i vini sono sia da bere adesso, purché “accompagnati”, sia tra un anno o due ovvero quando si “arrotonderanno” un pò. Il Vicomoro riuscirei ad abbinarlo comunque più facilmente: siamo in Toscana e con una bella “ciccia” ci starebbe da Dio.
Freschezza, alcolicità, capacità di invecchiare. Questo il miglioramento da apportare. Gli sforzi, tanti, hanno portato a vini strutturati, colorati. Alle volte un po’ troppo alcolici.
Insomma, La Greggia non ha una lunga storia alle spalle. Può essere definita una cantina giovane, ancorché con vigne di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Rappresenta però il coronamento del sogno di Alfredo Moretti e oggi, grazie ad Andrea ed Alberto può dormire sonni tranquilli.
È una ditta specializzata, fa un contratto e vedrai
Che non ti pentirai
Ivan Vellucci
Tratto da Wine Tale Magazine